24 settembre 2017

24.9.17

Un tram chiamato razzismo (?)

@frapac71 quotata giornalista ha di recente scritto un articolo sul quotidiano La Stampa raccontando un'avventura a dir poco singolare che ha avuto come protagonista la sua Tata di origini straniere. Il fatto che la signora fosse straniera a nostro avviso è un dettaglio, visto che qualsiasi essere umano avrebbe potuto subire il medesimo trattamento e avrebbe potuto provare il medesimo disagio della Tata in questione. Partiamo dunque da considerazioni oggettive e mettiamo da parte il polemico e presunto razzismo, facendo finta che la signora tata fosse di Trezzano sul Naviglio e si trovasse a lavorare temporaneamente a Roma, ignara delle regole sul trasporto.


Sale sul tram il controllore in questione (solo? ...normalmente sono in squadra), si avvicina alla signora e le chiede il titolo di viaggio; la signora mostra al controllore la tessera ed il controllore chiede lo scontrino.

Prima anomalia: se è strano che da un lato il controllore non abbia passato la tessera della signora sull'obliteratrice presente sul tram (o sulla verificatrice di cui dovrebbe essere dotato), altrettanto strana è la richiesta dello scontrino che attesti la validità del titolo di viaggio. Una richiesta simile, seppure non sia singolare in sè, potrebbe essere giustificata da una tessera con dati illegibili o deteriorata. Nulla sappiano riguardo allo stato della tessera ne al fatto che il controllore non abbia verificato che la tessera fosse carica.



Seconda anomalia: la Tata non era in possesso dello scontrino cartaceo ma di una copia su WhatsApp. Al di là della raccomandazione di atac sul proprio portale di conservare la ricevuta di pagamento, che la giornalista ignora palesemente (forse perchè i mezzi pubblici 'spostapoveri' non li ha mai usati), ci risulta alquanto bizzarro il fatto che la Tata in questione ne fosse sprovvista.


Cosa sarebbe accaduto infatti se la tessera si fosse guastata e la signora avesse avuto la necessità di utilizzare la metropolitana? Come avrebbe dimostrato di essere in regola con il titolo di viaggio? Con whatsapp?

Terza anomalia: il controllore verifica che i dati sullo scontrino corrispondono a quelli della tessera ma fa scendere la signora. Il mistero qui è parecchio fitto: la signora, presa dal disagio di non essere di Roma e di non aver seguito qualche misteriosa regola, non insiste per risalire sul tram e rivendicare i suoi diritti: il controllore non avrebbe infatti potuto scrivere sulla multa 'sprovvista di titolo di viaggio', e la multa sarebbe stata contestabile in un secondo momento. Dall'altro lato mancano dati certi per risalire al controllore in questione: numero vettura, (linea, data e ora dell'accaduto senza numero della fermata non sono ovviamente sufficienti ad individuare il controllore), o i dati del controllore stesso che in base al regolamento dovrebbe esibire tesserino di riconoscimento.


La storia termina con l'infoatac che (per correttezza) si è messa in contatto privatamente con la giornalista in questione.

Ci farebbe piacere, a questo punto, un secondo articolo in cui venga data una versione meno fumosa dell'accaduto, magari arricchita dall'eventuale contro-testimonianza del controllore in questione. 

Quel che è chiaro di tutta questa faccenda è che la signora Tata non aveva la più pallida idea circa i suoi diritti e i suoi doveri, rimanendo vittima di uno strano controllore e che l'articolo sia stato scritto più che per fare giornalismo, per vendicare un ipotetico sgarbo che ha subito una persona cara alla giornalista (a sua volta cara allo stimato Gramellini)
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